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24/02/17

Malagò: serio sarebbe che tu te ne andassi altrove,magari all'estero che voglio vedè chi ti da i danè,un condannato,squalificato,poco affidabile,in Italia è un dio,solo da noi le fogne sono dio

 Malagò: serio sarebbe che tu te ne andassi altrove,magari all'estero che  voglio vedè chi ti da i danè,un condannato,squalificato,poco affidabile,in Italia è un dio,solo da noi le fogne sono dio


Federnuoto, sedici mesi di squalifica al 'tesserato' Malagò

Il provvedimento contro il presidente del Coni, ma solo in quanto numero 1 della Canottieri Aniene, circa frasi su presunte "doppie fatturazioni". La replica: "E' il trionfo dell'illogicità"
di FULVIO BIANCHIhttp://www.repubblica.it/sport/vari/2014/09/29/news/malag_squalificato_16_mesi_nuoto-96934555/



La falsa laurea in Economia di Giovanni Malagò. Tre esami dichiarati nulli. Lui si difende: «È tutto prescritto, non ho mai corrotto nessuno, i pm infatti non hanno dimostrato niente. E comunque poi quegli esami li ho sostenuti di nuovo»

In questi giorni di festa gira per le redazioni un plico che sta creando non pochi imbarazzi ai vertici del Comitato olimpico nazionale italiano (Coni). Proprio nelle ore in cui il suo presidente Giovanni Malagò e il premier Matteo Renzi hanno annunciato la candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024. Infatti prima di Natale è stato inviato in dono a una dozzina di giornalisti un piccolo dossier anonimo su Malagò e la sua «falsa» laurea in Economia e commercio ottenuta nell’estate del 1981 alla Sapienza di Roma con il voto di 110 e lode; diploma che è stato annullato nel 2000 a causa della dichiarata nullità di tre esami da parte della Corte d’Appello della Capitale.
Una storia che il nemico senza volto di Malagò ha documentato con carte giudiziarie d’epoca. Eppure i giornali o le hanno cestinate o le hanno citate en passant, in coda a qualche intervista. In una di queste Malagò ha dichiarato: «Quel processo, che coinvolse duecento persone, fu subito prescritto perché arrivato dodici anni dopo le contestazioni». A questo punto, un po’ svogliatamente, il cronista domanda: «Prescrizione o no, lei ha corrotto due bidelli e falsificato il libretto universitario?». Immediata la risposta del presidente: «Certo che no, e la prescrizione mi ha impedito di provarlo. Non ho scheletri nell’armadio».
Raggiunto da Libero a Dubai Malagò è ancora più netto: «Non ho subito condanne penali, i magistrati non hanno dimostrato nulla né in un senso né in un altro ed è rimasta sospesa solo la parte amministrativa. Io però ho sempre negato le accuse, ma visto che mi hanno annullato la laurea ho ridato gli esami sub judice. L’ho fatto a Siena, pubblicamente, davanti a centinaia di persone, di fronte a mezzo senato accademico, al prorettore vicario. Più trasparente di così non potevo essere». Ma perché non li ha ridati a Roma? «Volevo andare altrove perché nella mia testa pensavo di aver subito un’ingiustizia. Tutto è nato un giorno che feci una gita a Siena e ho visto l’università che tutti sanno essere la più antica del mondo…». In realtà quel primato se lo contendono altri atenei, ma poco importa. «Mi sono iscritto, ho pagato le tasse arretrate e con il nuovo piano ho dovuto dare cinque o sei esami». A chiedere provvedimenti contro Malagò era la stata la Corte d’Appello di Roma e non i professori della Sapienza. Infatti il 6 aprile del 2000 la cancelleria del Tribunale invia all’Università questa scarna comunicazione: «Si trasmette copia della sentenza emessa da questa Corte il 4 maggio del 1999 che ha confermato, sul punto, la sentenza del tribunale di Roma del 21 dicembre 1993, con la quale è stata dichiarata la falsità dei verbali e degli statini degli esami di: 1) Economia e politica II; 2) Istituzioni di Diritto privato; 3) Diritto commerciale, perché mai sostenuti dal Malagò, nonché di conseguenza, del Diploma di laurea conseguita dall’imputato in data 6/7/1981. Tanto si comunica per opportuna conoscenza e per i provvedimenti di vostra competenza».
Il presidente del Coni nel processo con rito abbreviato del ’93 aveva portato dei testimoni che confermassero che lui il 19 ottobre 1978 (Istituzioni di diritto privato, voto 30 e lode), il 5 febbraio 1980 (Economia politica II, voto 30) e il 12 febbraio 1981 (Diritto commerciale, voto 30) si era regolarmente presentato agli esami. Per il giudice istruttore Giuseppe Pizzuti, che lo condannò, i «tre testi a discarico indicati da Malagò» o si dimostrarono «irrilevanti» (uno dichiarò di nulla sapere) o non apparvero «affidabili sia per la circostanza che i fatti riferiti risalivano a molti anni prima, sia per gli antichi rapporti di amicizia ricorrenti con l’imputato». La toga ritenne più credibili i professori che con gli inquirenti disconobbero le proprie firme su verbali e statini degli esami, mentre uno dei bidelli condannati per aver truccato quei documenti su incarico degli studenti dichiarò che, tra i giovani che lo corruppero, ricordava «di nome Malagò Giovanni». Alla fine Pizzuti lo prosciolse per «intervenuta prescrizione» dal reato di falsità materiale (per aver contraffatto verbali e statini) e per «intervenuta amnistia» da quello di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (per esempio «per aver falsamente denunciato lo smarrimento del libretto universitario come quasi tutti gli altri condannati»), ma lo condannò a un anno e dieci mesi di reclusione per concorso in corruzione (ai dipendenti universitari furono consegnate «rilevanti somme di denaro da numerosissimi studenti») e «concorso in falso ideologico per inganno». Nel 1999 la Corte d’appello evidenzia che «gli enunciati elementi di accusa per la loro molteplicità, concordanza e univocità costituiscono piena prova a carico del Malagò» e lo proscioglie solo «per l’intervenuta prescrizione». Infatti nella sentenza dei giudici Luigi Gueli, Carla Podo e Matilde Cammino si legge che «non si ravvisano prove evidenti, idonee all’assoluzione nel merito dell’imputato» e che perciò «debbano essere mantenute ferme le dichiarazioni di falsità documentali, accertate, espresse nel dispositivo della sentenza impugnata».
Ma chi è il misterioso rivale di Malagò che si è preso la briga di scrivere ai giornali utilizzando un normografo per gli indirizzi? I più stretti collaboratori del capo del Coni evitano di sbilanciarsi, anche se, insistendo, il nome di un possibile sospettato emerge ed è quello del presidente della Federnuoto Paolo Barelli che ha in piedi una querelle giudiziaria con il Coni di Malagò e la Coni servizi per un presunto contributo governativo non messo a bilancio. Accuse per le quali il pm (con l’avallo del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone) ha chiesto già due volte l’archiviazione di Barelli. L’interessato a Libero spiega: «In questo momento sono all’estero e non so neanche di che cosa si stia parlando. Questa della laurea di Malagò è una vicenda che non conosco assolutamente. È, invece, evidente che il Coni e Malagò ce l’abbiano con il sottoscritto, quindi non vorrei che si rigirasse la frittata». Ma perché il presidente del Coni dovrebbe avercela con Barelli? «Non so che dirle, evidentemente gli fa gola la federazione, c’è una vecchia propensione del presidente dell’Aniene, Malagò, a interessarsi del nuoto». Sul punto conviene ricordare che la Federnuoto di Barelli a settembre ha squalificato Malagò per aver «violato gli obblighi di lealtà e correttezza», sanzione annullata il 22 dicembre dal Collegio di garanzia del Coni.
Per scoprire qualcosa in più sul grande accusatore di Malagò conviene leggere la lettera anonima inviata ai giornali, dove dichiara di essere uno degli studenti condannati in via definitiva per le lauree truccate della Sapienza e che non sopporta di vedere uno dei «capofila degli imbroglioni (…) insegnare agli italiani e ai giovani il valore dei principi etici della lealtà e della correttezza, guadagnandosi persino un ambito premio presso il Quirinale». Un alloro che non è andato proprio giù all’estensore dell’epistola poiché il riconoscimento del Centro culturale Laurentum intende celebrare «i valori etici dello sport che richiedono l’assimilazione dello spirito di sacrificio, della lealtà, della correttezza…». Una motivazione che l’ignoto «imbroglione» commenta con un laconico: «Per carità di Dio!».


.a roma,fatevene una ragione, la mangiatoia non c'è più !!!!!!!!!!
Il presidente del Coni: «È una questione politica, noi siamo assolutamente a favore»
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